Focus finalisti/Hype Technologies

Farmaci biotecnologici prodotti con un innovativo processo di ingegnerizzazione genetica della cellula che abbatte i costi del 20-30%.

Attualmente produrre farmaci biotech è molto costoso. Hype Technologies, la startup di Francesco Alabiso, Luca Dall’Olio e Francesco Neri, tutti e tre biotecnologi di 23 anni, intende sviluppare e commercializzare un modello che si propone di abbattere i costi del processo manifatturiero con una nuova “ricetta” di ingegneria genetica.

Sono farmaci biotecnologici tutti quelli che non vengono prodotti con una reazione di sintesi chimica ma da cellule” spiega il founder Francesco Alabiso che lavora sull’idea dalla fine dello scorso anno “Nelle industrie farmaceutiche ci sono dei bioreattori in cui si possono settare tutte le condizioni chimico-fisiche necessarie per far crescere le cellule, a cui si somministrano le soluzioni con tutti i nutrienti necessari”.
Si tratta di un processo piuttosto complesso composto di varie fasi e molto dispendioso. “Le cellule hanno bisogno di questo brodo di coltura per crescere e produrre il farmaco” continua il biotecnologo “quello che noi facciamo è ingegnerizzare geneticamente la cellula in modo tale che essa richieda un brodo di coltura più economico. Noi non produciamo il farmaco ma abbiamo messo a punto un modello che riduce i costi del 20-30%”.
Il bello di questo modello è che è replicabile per qualsiasi prodotto biotecnologico, che sia farmaco oppure no” sottolinea il founder “il nostro obiettivo sarebbe brevettarlo e venderlo alle aziende che, utilizzandolo, risparmierebbero”.
Il metodo è frutto degli studi di Francesco Alabiso per la tesi della triennale: una volta uscito da quel laboratorio ha messo insieme tutti tasselli del puzzle sulla possibilità quantomeno teorica di realizzare il sistema.
I passi da fare adesso sono ottenere la proof of concept, la validazione a livello sperimentale che si fa in laboratorio, necessaria per verificarne il funzionamento e la sostenibilità” dice Francesco “dati alla mano potremo procedere con la domanda di brevetto”.
La StartCup per i tre ragazzi innamorati della ricerca è stata l’occasione per misurarsi con temi per loro sconosciuti ma fondamentali per tradurre in business un’attività di laboratorio. “Quello che fa la differenza è l’approccio” sostiene lo startupper “abbiamo potuto considerare la nostra idea da punti di vista differenti, sicuramente in maniera più pragmatica, fondamentale anche per riuscire a spiegarci con quelli che non sono addetti ai lavori”.

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