Startup, cinque cose che nessuno vi dirà

I consigli di Gianluca Dettori ai finalisti della Start Cup Emilia-Romagna.

Di come fare un pitch si è già lungamente parlato ma cosa lo rende davvero efficace? Gianluca Dettori, fondatore di dPixel e presidente di Primomiglio SGR, con un’esperienza di oltre vent’anni in materia di startup, lunedì 16 settembre ha condiviso con i finalisti della business plan competition il punto di vista dell’investitore.

Oltre alla teoria c’è la pratica: ecco cinque consigli utili da tenere a mente quando si presenta il proprio progetto.

La giusta spartizione della torta
Un consiglio che diamo sempre alle startup è quello di non dividersi le quote da buoni amici. In una società composta da tre persone, per esempio, prima di decidere di dare ad ognuno il 33% occorre sedersi a un tavolo e fare un ragionamento su quanto ognuno mette sul piatto, chi fa che cosa, quanto qualcuno ha lasciato per imbarcarsi in questa avventura, l’impegno profuso etc. Uno strumento utile per buttare giù un’ipotetica divisione, tra l’altro facilmente reperibile su Google, è il Pie Calculator ovvero il “calcolatore della torta” (ci sono anche tutorial e blog).

Avere le idee chiare è più importante di avere una società costituita
Quando si va a parlare con degli investitori, specialmente quelli specializzati in seed, avere un buon progetto anche in slide a volte è più importante che avere una società. La startup si valuta su un test di mercato, su una pagina messa on line, su un software già sviluppato o un mercato composto anche da quattro clienti: sapere cosa ne pensano loro, ad esempio, è più importante dell’aver costituito la società. Inoltre, quando si presenta la propria startup mai andare da un investitore a freddo ma è fondamentale provare il pitch tantissime volte allo specchio, con i colleghi, i compagni di corso ma anche con la nonna. I pitch pieni di paroloni incomprensibili non funzionano, tutti devono essere in grado di capire. Qualsiasi idea, anche la più sofisticata, va ridotta pochi concetti semplici in cui si spiega bene, ad esempio, il prodotto, il mercato di riferimento, il problema che si vuole andare a risolvere. Un altro consiglio è, quando si va a fare fundraising, cominciare dall’investitore meno interessante per il vostro progetto: serve per scaldarvi. A forza di parlare, quando si arriverà all’investitore fatto apposta per il vostro progetto, sarete dei “killer”. Avete una pallottola da sparare e quella deve andare a segno.

Il feedback, maneggiare con cura
Il feedback è un oggetto delicato, occorre imparare a maneggiarlo. È sicuramente ciò che cerca una startup all’inizio: si tratta di reazioni di terzi che non conoscono in maniera approfondita un progetto e tendono a valutare secondo la propria esperienza. Può accadere che un investitore dica che su quel progetto non investirà mai mentre un altro lo farà: solo a posteriori sapremo chi aveva ragione o chi torto. Se l’investitore è più benevolo, spiegherà le ragioni dei suoi dubbi: un feedback più strutturato è utile e occorre andare a capire perché lo pensa. Talvolta quel dubbio ce l’ha anche chi propone il progetto: vorrà dire che quella è un’area da andare a investigare per bene. Il bravo fondatore è sempre in ascolto. È come se fosse strabico: da un lato è determinato con le idee chiare ma dall’altro è capace anche di cambiare idea con umiltà. La determinazione è una qualità ma guai a dimostrarsi arroganti.

Il fattore umano è la variabile più importante
Il fattore umano è la variabile grazie alla quale un investitore decide di finanziare una startup oppure no. Quasi sempre si investe in un team e sulle sue potenzialità. Ci sono casi di startup con delle idee di business molto banali ma con dei fondatori “killer” che le hanno trasformate in aziende gigantesche. Come si dice in questo ambiente, prendendo in prestito le parole del signore che ha inventato la lampadina Thomas Edison, l’idea vale l’1% mentre il 99% è sudore. Non basta quindi avere una buona idea ma bisogna essere in grado di trasformare quell’idea in un’impresa di successo. E per farlo le persone sono importanti. Gli investitori valutano centinaia di progetti l’anno e fanno molta attenzione al team e anche a dettagli a prima vista insignificanti. Un consiglio è quello di essere puntuali agli appuntamenti, esporre bene il proprio progetto e, appunto, mettersi nelle condizioni di ascoltare. È sempre un peccato sprecare delle buone occasioni.

Sbagliando s’impara
Anche questo è un elemento che l’investitore valuta. Di fronte a due team che presentano progetti simili, ad esempio, potrebbe essere preferibile chi ha già avuto una precedente esperienza anche se non è andata a buon fine: vorrà dire che certi errori tendenzialmente non si commetteranno più. Nel nostro vocabolario la parola “fallimento” è associata a un concetto davvero negativo ma non è così: l’idea di “failure” ovvero l’aver sbagliato alla fine per chi fa questo mestiere è un momento di grande verità.

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