UMbioprint – Interviste ai finalisti

Produzione di una «garza» innovativa che permette il rilascio graduale dei farmaci antirigetto solo sugli organi trapiantati. 

 

Di cosa si occupa la vostra startup?

Noi utilizziamo tecnologie di biostampa HD per ingegnerizzare strutture biologiche. In parole semplici, creiamo dei «vestiti» high-tech per gli organi: se sono influenzati diamo loro il maglione e l’aspirina. Dell’organo realizziamo anche il modello, cosicché i chirurghi possano esercitarsi prima delle operazioni con quelli che possono essere considerati a tutti gli effetti «vestiti su misura». Alla Start Cup presentiamo il nostro primo prodotto. Si tratta di una «garza» innovativa da impiegare in caso di trapianto di organi: il dispositivo rilascia gradualmente i farmaci antirigetto solo attorno agli organi interessati, garantendo la funzionalità del sistema immunitario per gli altri organi.

Da chi è composto il team?

Siamo in nove e possiamo dire innanzitutto che insieme abbiamo una solida preparazione in materia di automazione intelligente e drug delivery. I componenti del team sono Ruben Foresti, Alessandra Rossi e Stefano Rossi: siamo ricercatori esperti rispettivamente di tecnologie mediche applicate e delle nuove tecnologie 3D-5D; di preparazione di formulazioni solide per via orale per il rilascio controllato o sito-specifico di farmaci, formulazioni inalatorie e nasali; di fisiologia cardiaca in-vivo e sull’aritmia. Claudio Macaluso, professore e chirurgo nel campo dell’oftalmologia, si occupa di applicazioni biomedicali nel campo delle tecnologie mediche applicate, mentre Nicola Delmonte, anche lui professore ma in Elettronica, copre gli aspetti legati agli smart devices. L’esperienza di Elda Favari, professoressa in Farmacologia e tossicologia sperimentale, si concentra sulla valutazione di processi cellulari legati all’omeostasi della cellula ed ai processi cellulari di tossicità. Chiara Martini invece è direttore e docente del corso di laurea in tecniche di radiologia medica e cultore della materia in Odontoiatria. Nel nostro team c’è anche un legale, l’avvocato Antonio Izzi, specializzato in startup innovative e Silvia Attolino: lei è la nostra traduttrice e cura la redazione dei documenti e testi in inglese e tedesco.

Come è nata l’idea?

La condizione del paziente che ha subito trapianto è molto delicata, anche perché necessita di particolari attenzioni per tutta la vita. E noi lo sappiamo bene, non solo perché è l’oggetto dei nostri studi, ma anche alcune vicende personali che ci hanno toccato da vicino. L’idea vera è propria è maturata durante il lockdown. Abbiamo notato che il sistema ospedaliero legato ai trapianti si è dovuto quasi completamente fermare ed è stato un problema perché questa complessa attività necessita di indispensabili terapie farmacologiche immunosoppressive. Avendo il sistema immunitario disattivato, il paziente che ha avuto la possibilità di ricevere un organo deve essere attentissimo a non contrarre infezioni, specialmente in questo momento storico in cui non esiste ancora una cura per il virus Sars-Cov-2. Una persona trapiantata, in contatto con un portatore sano del virus, correrebbe un grave rischio. Inoltre, è già difficile reperire organi che possano essere trapiantati: il paziente, giunto al limite di sostenibilità funzionale del proprio organo malato, non può e non deve ammalarsi.

A che punto siete?

Attualmente all’interno del Dipartimento di Medicina e Chirurgia dell’Università di Parma abbiamo realizzato e attrezzato una rete laboratoriale autofinanziata autosufficiente in termini di prototipazione e sviluppo dei lotti preclinici. Stiamo costituendo lo spin off accademico e ci stiamo occupando della redazione dei protocolli per il Comitato etico dedicato all’approvazione dei test preclinici e della contrattazione dei preventivi per il deposito dei brevetti. Inoltre stiamo valutando anche diverse forme di collaborazione con importanti istituzioni, con l’obiettivo di validare il prodotto e introdurlo velocemente nel mercato.

Quali sono i punti di forza e quelli di debolezza di UMbioprint?


Di sicuro, il punto di forza maggiore è la proposta di una nuova terapia che potrebbe cambiare completamente la qualità della vita dei pazienti bisognosi di trapianto. Senza considerare che la flessibilità è la grande potenzialità del nostro dispositivo: modificando il solo principio attivo, potrebbe essere utilizzato per evitare il riaffiorare di tumori dopo la loro asportazione. C’è da dire che il mercato di riferimento, in cui le tempistiche e i costi di validazioni sono elementi di criticità, è piuttosto complesso anche perché il nostro prodotto non è immediatamente percepibile dal beneficiario finale.

Vi ha travolto una pandemia nella creazione della vostra startup: come ha inciso il Covid?

Lo abbiamo raccontato prima, in fondo ci ha fatto accendere una lampadina. Se ci è concesso, vorremmo citare Albert Einstein, quando diceva che la crisi è «la più grande benedizione per le persone e le nazioni» perché porta progressi ed è proprio nella crisi che sorge l’inventiva e si elaborano grandi strategie. «Chi supera la crisi supera sé stesso senza essere superato».

Cosa vedete nel vostro futuro?

Tanto, tanto, tanto duro lavoro e moltissime responsabilità ma questo non ci spaventa. Una volta raggiunto il risultato che ci siamo prefissati, potremo essere ricordati come il team di ricerca che ha sviluppato la terapia definitiva per evitare il rigetto degli organi e il riaffiorare dei tumori. È questo sogno che ci guida ogni giorno.