AgroMateriae – Interviste ai finalisti

Valorizzazione e trasformazione degli scarti agro-industriali in materie prime al servizio della plastica e bioplastica. Ne parliamo con Alessandro Nanni.

 

Di cosa si occupa la vostra startup?

Il nostro obiettivo è quello di valorizzare e trasformare in scala industriale tutti i possibili scarti provenienti dalla filiera agroindustriale in nuove materie prime a servizio dell’industria della plastica e della bioplastica. Il nostro prodotto di lancio, già brevettato, deriva dagli scarti vitivinicoli e si chiama WinePLastics FIller. Si tratta di un materiale sostenibile, economico e altamente performante che può essere miscelato in alte percentuali con tutte le plastiche e bioplastiche esistenti. I benefici sono di carattere ambientale ed economico visto che valorizziamo un «rifiuto» generando valore.

Da chi è composto il team?

Oltre a me, Alessandro Nanni, i soci fondatori sono Nikolas Gallio e Massimo Messori. Io e Nikolas abbiamo studiato insieme Ingegneria chimica all’Università di Bologna e siamo grandi amici. Mentre io ho conseguito un dottorato all’Università di Modena in Ingegneria Industriale e del Territorio scegliendo di continuare a fare ricerca, Nikolas è andato a lavorare in un’azienda che si occupa di polimeri. Quando ho pensato che il progetto AgroMateriae poteva essere scalabile ed essere portato fuori dal laboratorio, lui è stata la prima persona che ho chiamato. In questa fase iniziale, quando devi organizzare e programmare tutto, la fiducia e la stima sono fondamentali e tra di noi non manca. Della startup siamo rispettivamente CEO e CTO: io mi occupo dell’ innovazione e dello sviluppo del prodotto mentre lui cura lo scaling up e l’industrializzazione dei processi. Il team si arricchisce della presenza del professore Massimo Messori, ordinario di scienza e tecnica del materiali del dipartimento di Ingegneria dell’Università di Modena: lui ha la funzione di scientific advisor. Infine, un board esterno ci segue per le questioni commerciali e legali.

Come è nata l’idea?

Nel maggio 2019 ho cominciato a bussare alle porte di alcune aziende di trasformazione e lavorazione della plastica e bioplastica per realizzare nuovi oggetti non fabbricabili in laboratorio con i miei materiali innovativi. Avevo alle spalle tre anni di ricerca sul tema della valorizzazione e trasformazione degli scarti vitivinicoli in nuovi materiali, e le formulazioni finali erano molto promettenti. Raccontando del mio prodotto a queste aziende, ho capito come queste fossero in difficoltà nel trovare nuovi materiali green, performanti ed economici come i nostri. Molte aziende lo avrebbe voluto subito. Quindi ho coinvolto Nikolas e abbiamo deciso di dare vita alla start up e di procedere con i processi di industrializzazione: il laboratorio non era più sufficiente.

A che punto siete?

Siamo accreditati come startup all’Università di Modena e adesso siamo in fase di costituzione in Camera di Commercio come srls innovativa. Abbiamo già una domanda di brevetto depositato per il nostro primo prodotto, quello derivato dagli scarti della vendemmia. Adesso stiamo producendo il primo lotto di 30-40 tonnellate di prodotto WPL che sarà pronto per dicembre 2020. Siamo anche in contatto con una trentina di potenziali clienti a cui destineremo questo primo lotto per validarlo industrialmente. Questo passaggio è importante perché ci permetterà di raccogliere diversi feedback dei clienti per migliorare ancora di più il prodotto e andare incontro alle loro esigenze. Al contempo, stiamo avviando le pratiche per ottenere alcune certificazioni green riguardanti la naturalezza, la biodegradabilità e la riciclabilità del nostro prodotto. Il nostro scopo è quello di ottenere a maggio-giugno 2021 almeno quattro o cinque clienti in modo tale da poter entrare nel mercato già a settembre 2021 e di iniziare la nostra scalata industriale. A regime, prevediamo di avere un nostro stabilimento industriale capace di produrre 5000 tonnellate all’anno di solo WPL. Per quanto riguarda l’attività di ricerca, stiamo valorizzando e trasformando altri scarti «agro», come quelli provenienti dal caffè, dagli scarti delle concerie, dall’olio e da molti altri con lo scopo di realizzare nuovi materiali pronti per la commercializzazione.

Quali sono i punti di forza e quali, invece, i punti di debolezza?

Tra i punti di forza vi è sicuramente il fatto che il nostro progetto è in grado di dare un volto concreto all’economia circolare. Basti pensare che le stesse aziende fornitrici possono essere anche dei possibili clienti. Ad esempio, con il WPL ottenuto dagli scarti vinicoli, possiamo produrre tappi per bottiglie di vino o legacci per le vigne. Lo scarto che diventa prodotto finito all’interno della stessa filiera è sicuramente un valore aggiunto. Inoltre, offriamo alle cantine anche una nuova possibilità di smaltimento dei loro rifiuti. L’Italia del resto è leader mondiale nella produzione di vino e ci sono circa 10 milioni di tonnellate di rifiuti vinicoli che sono spesso mal gestiti o che rappresentano un costo in termini di smaltimento. Le nostre criticità, invece, sono le stesse che riguardano tutto il macrosettore delle bioraffinerie, delle bioindustrie e di tutte quelle industrie che hanno a che fare con gli scarti o prodotti naturali: da un lato infatti le loro caratteristiche dipendono da fattori ambientali come il meteo e i cambiamenti climatici che sono difficili da controllare a livello ingegneristico e dall’altro non possiamo trascurare la parte relativa alle autorizzazioni in un settore relativamente nuovo.

Vi ha travolto una pandemia nella creazione della vostra startup: come ha inciso il Covid?

Abbiamo avuto qualche rallentamento sul fronte burocratico e qualche incontro con clienti o investitori è slittato. Da un punto di vista globale, penso che alcuni effetti di questa pandemia possano giocare a nostro favore. Se in futuro vanno disincentivati i meccanismi della globalizzazione in favore di economie più circolari e locali, allora penso che ci abbiamo visto giusto. Fin dal primo momento abbiamo cercato sempre di conciliare i principi di ricerca innovativa fatta in laboratorio con i principi di scalabilità industriale e noi lo facciamo, oltretutto, con materie prime di scarto presenti sul territorio nel pieno rispetto dell’economia circolare.

Cosa vedete nel vostro futuro?

Vogliamo che il nostro progetto diventi una nuova realtà leader nella trasformazione di tutti gli scarti possibili di origine naturale e non, arrivando a produrre sia materie prime che prodotti finiti appartenenti al mondo della plastica e bioplastica e perché no, anche a quello di altre tipologie di materiali. Il passaggio dalla classica industria alla bioindustria per la produzione di nuovi materiali green è una partita che si gioca trasversalmente a livello mondiale. Ecco, noi vogliamo essere protagonisti di questa rivoluzione.