Nocotù – Interviste ai finalisti

Soluzioni abitative modulabili accessibili a minore impatto ambientale. Antonio Della Ragione, CSO della startup, ci racconta l’idea

Di che cosa vi occupate?

L’obiettivo del nostro progetto è quello di offrire un sistema abitativo diverso da quello tradizionale. Con Nocotù vogliamo costruire case utilizzando container marittimi usati, così da abbattere le emissioni causate da sistemi costruttivi tradizionali e, altro punto che ci sta a cuore, che siano economicamente alla portata di tutti. Le case che abbiamo in mente si possono assemblare come mattoncini Lego. In questo modo il nostro cliente può costruire la casa dei suoi sogni anche nel corso di una vita, aggiungendo di volta in volta il modulo o lo spazio di cui ha bisogno o rivendendo le stanze che non sfrutta più. La casa si adatta a diverse zone climatiche dal momento che è in grado di rispondere a sollecitazioni esterne come, per fare qualche esempio, le precipitazioni, l’incidenza solare, i livelli di umidità, grazie ad un impianto elettromeccanico di sensori e attuatori molto sofisticato. Questo ci consente di garantire agli abitanti un comfort termico costante, riducendo l’impiego di impianti di riscaldamento e raffrescamento, abbattendo di conseguenza i consumi, la spesa energetica e le emissioni di CO2.

Da chi è composto il team?

Siamo in tre. Aura Isabel Pelliccioni e Enrique Henriquez sono due architetti con una forte vocazione sociale. Entrambi venezuelani, si conoscono dai tempi dell’università a Caracas: il nome della startup, Nocotù, significa «No CO2» ma è la pronuncia di un parlante di origine ispanica. Loro due hanno lavorato insieme in diversi progetti: sono molto diversi ma complementari, per questo come squadra hanno sempre funzionato. Poi ci sono io, che nella startup ricopro il ruolo di CSO mentre Aura, l’anima del progetto, è CEO ed Enrique CTO.

Come è nata l’idea?

L’ispirazione arriva dal Venezuela dove abbiamo osservato il mondo in cui le case nei barrios di Caracas nascono e si evolvono. I barrios sono i quartieri popolari e periferici che crescono intorno alla città di Caracas: lì un’abitazione viene costruita rispecchiando esattamente le necessità dei suoi abitanti in quel momento. La famiglia si può allargare, possono sorgere nuovi bisogni, e allora la casa si adatta di conseguenza, vengono aggiunte stanze oppure si costruiscono nuove aree oppure si trovano nuovi assetti. Da questo nasce Nocotù: vogliamo una casa che può crescere con i suoi abitanti e che si possa adeguare costantemente alle loro necessità. L’idea, a nostro avviso rivoluzionaria, è proprio quella di dematerializzare il concetto «formale» che si ha di una casa.

A che punto siete?

Dal punto di vista formale, non abbiamo ancora costituito la società come startup ma stiamo procedendo con lo sviluppo dell’idea. I nostri advisor stanno dando un grande apporto per quanto riguarda la parte tecnologica del progetto. Il progetto si sta dimostrando valido: non solo sia arrivati in finale alla Start Cup ma nel frattempo abbiamo ricevuto anche il primo riconoscimento il Myllenium Award nella categoria My Social Impact. Grazie a questo premio è nata la possibilità di avviare un progetto pilota con il supporto di Ashoka Italy. 

Quali sono i punti di forza di Nocotù e quali, invece, i punti di debolezza?

Oltre al team molto affiatato e preparato, riscontriamo che il nostro mercato di riferimento è in forte crescita. Aggiungerei poi che la tecnologia applicata ai nostri moduli è particolarmente innovativa e flessibile: i sensori e gli attuatori dei nostri moduli sono capaci di rispondere autonomamente e di adattare la loro forma a diversi contesti, zone e condizioni climatiche. Soluzioni simili alla nostra, oltreoceano, stanno riscuotendo molto successo. Inoltre la proposta dei potenziali concorrenti non è paragonabile alla nostra, soprattutto perché non si presenta accessibile a tutti. La criticità maggiore secondo noi, invece, è di carattere culturale: qui la casa è considerata sia un bene immobile, immutabile nel tempo e per sempre. La nostra soluzione invece è qualcosa da considerarsi in divenire: non possiamo sapere oggi quali saranno le nostre necessità tra cinque, dieci o quarant’anni, quest’ultima la durata media di un mutuo. C’è un altro mito da sfatare ed è quello della casa modulabile. Ad oggi molti la vedono come un container dentro il quale ci sono degli arredi e basta, quando in realtà il design efficace non sacrifica l’estetica dell’oggetto di fronte alla sua funzione.

Vi siete trovati a progettare una startup in tempi di pandemia: come ha inciso questo nel vostro lavoro?

Siamo tutti e tre tipi da scrivania e pc e al computer facciamo tutto: dal guardare serie tv all’ascoltare la musica, fino ad arrivare, appunto, al progettare. Non è stato difficile mettersi al lavoro su nuove idee, anzi. Crediamo che l’essere costretti a casa abbia agevolato il processo creativo.

Un bilancio del percorso della Start Cup

Ammettiamo che non aver potuto affrontare tutto questo percorso in presenza ci è molto dispiaciuto. Siamo certi che dal confronto vis à vis con le altre startup sarebbero arrivati nuovi spunti e si sarebbero potuti creare momenti di riflessione su aspetti critici che magari non riusciamo ancora a vedere oppure magari sarebbero potute nascere collaborazioni tra team. Non è ancora detta l’ultima, visto che il percorso non è ancora finito. Nonostante tutto però questo è proprio il tipo di formazione che stavamo cercando. Ogni appuntamento è servito per alimentare il nostro spirito imprenditoriale e per far crescere l’entusiasmo per questa avventura. Alla fine di ogni giornata il morale era sempre più alto ed eravamo sempre più convinti che questa fosse la giusta direzione. Se ci possiamo permettere, consigliamo la StartCup a chiunque voglia mettere alla prova la propria idea di business. Le lezioni con Pasquale Stefanizzi sono state illuminanti e siamo molto contenti che sia anche il nostro Mentor per la fase finale.

Cosa vedete nel vostro futuro?

Entro un anno il nostro proposito è quello di fondare la nostra startup con la nostra sede operativa. Contiamo di trovare i capitali necessari per lo sviluppo del prototipo per arrivare infine alla creazione del primo impianto produttivo di case modulari in Italia. Noi siamo molto determinati e siamo sicuri che il nostro progetto andrà avanti. La nostra soluzione risponde a molte esigenze di questi tempi: vogliamo contribuire non solo alla svolta ecologica necessaria per salvaguardare l’ambiente ma vogliamo essere in prima linea per offrire un’alternativa sostenibile – anche dal punto di vista economico – al problema dell’emergenza abitativa.

Leggi tutte le interviste ai finalisti dell’edizione 2021 della Start Cup a questo link.