Bioristor – Interviste ai finalisti
Sensore biocompatibile in vivo che monitora in tempo reale la composizione della linfa nelle piante misurando il loro stato di salute. Nicola Coppedè ci racconta di che cosa si tratta.
Di che cosa vi occupate?
Potremmo dire che con la nostra startup diamo voce alle piante! Scherzi a parte, abbiamo messo a punto un sistema che ne monitora lo stato di salute in vivo, in tempo reale e in continuo, alimentato inoltre da energia green. Ci chiamiamo così perché la nostra tecnologia si basa su un biosensore inserito nel fusto delle piante, costituito da un transistor applicato alla biologia e biocompatibile, da qui il nome composto da «bio» e «ristor». Il nostro proposito è quello di aiutare i produttori agricoli a ridurre e ottimizzare il consumo di acqua e dell’uso di fertilizzante senza considerare che il sistema è in grado di individuare precocemente le malattie.
Da chi è composto il team?
Il nostro è un team giovane, energico e dinamico. Filippo Vurro è il nostro CEO, è un chimico e si occupa dell’industrializzazione del biosensore. Poi c’è Manuele Bettelli nel ruolo di CTO, lui è un fisico, sviluppa elettronica e software di Bioristor mentre Michela Janni, ricercatrice agronoma, si occupa di studiare e ottimizzare l’interazione tra il sensore e le piante. E poi ci sono io, Nicola Coppedè. Sono un fisico e sono l’autore del brevetto del Bioristor e mi occupo dello sviluppo del sistema.
Come è nata l’idea?
Il progetto nasce all’interno di IMEM, l’Istituto dei Materiali per l’Elettronica ed il Magnetismo. Nei nostri studi abbiamo maturato molta esperienza con i materiali bioelettronici altamente biocompatibili.
Dopo aver fatto dispositivi indossabili adatti a monitorare l’uomo durante l’attività fisica, abbiamo pensato di sfruttare queste stesse proprietà spostandoci alle piante coltivate. L’idea nasce dall’osservazione del panorama dei sensori per l’agricoltura di precisione ricco di sensori prossimali e remoti. Abbiamo riscontrato che mancano sensori in grado di comunicarci esattamente cosa accade nelle piante ma non nelle loro prossimità. Ascoltare quello che hanno da dirci le piante, non lo aveva fatto ancora nessuno.
A che punto siete?
Dopo una fase di sperimentazione in serra, il Bioristor ha affrontato una sfida difficile cioè quella di monitorare sul campo la crescita delle piante esposte agli eventi naturali. Abbiamo potuto contare sul supporto di aziende leader nel settore agroalimentare come Mutti e Apofruit, dimostrando grazie al monitoraggio continuo e confrontando le produzioni ottenute con diversi regimi irrigui, di poter fornire un risparmio idrico del 40% sul pomodoro. Abbiamo diversi prototipi TRL7 e una chiara idea dei passi da intraprendere nel prossimo futuro: dobbiamo sviluppare un sensore e un’elettronica scalabile a livello industriale, che sia facilmente utilizzabile dagli agricoltori e interconnesso con il comparto agricolo.
Quali sono i punti di forza di Bioristor e quali, invece, i punti di debolezza?
Per la prima volta è possibile ricavare informazioni sulla salute della pianta direttamente dalla pianta stessa: l’operatore è connesso in remoto in tempo reale e per tutta la durata del ciclo produttivo della pianta. Se questo da un lato è un grande punto di forza, dall’altro abbiamo un punto debole che è la difficoltà di tradurre le informazione ricavate con il sistema in un segnale intuitivo e attendibile. È importante perché il risultato è utile per supportare gli agricoltori nelle decisioni della gestione aziendale.
Vi siete trovati a progettare una startup in tempi di pandemia: come ha inciso questo nel vostro lavoro?
Pensiamo che le riunioni via internet siano state molto funzionali anche perché gli strumenti digitali permettono di tenersi in contatto in modo efficiente. Tuttavia, pur operando nel settore dell’IoT che trova un punto di forza in questo tipo di tecnologie, troviamo che la mancanza di incontri in presenza renda più debole l’efficacia nella comunicazione nel team e nell’organizzazione del lavoro. Inoltre ci è mancato il confronto con il mondo dell’agricoltura che durante il lockdown, a differenza del resto, non si è fermato.
Un bilancio del percorso della Start Cup?
Il bilancio è assolutamente positivo. Per noi è stata un’occasione di crescita enorme: ci siamo confrontati con quello che significa passare dallo sviluppo di una nuova tecnologia alla creazione di un’impresa che la vuole vendere e avere successo. Le informazioni ricevute sono state tante e di grande qualità. Ci sono stati chiariti gli aspetti chiave della realizzazione di una startup e senza questo percorso forse non sarebbe mai successo. Ora, grazie alla Start Cup, siamo consapevoli di quello che ci aspetterà!
Cosa vedete nel vostro futuro?
Vogliamo rivoluzionare il mondo agricolo rendendolo più sostenibile. Bioristor riesce a conciliare la tradizione con l’innovazione. Le piante comunicano ciò di cui hanno bisogno, quando per loro è davvero necessario, ma è poi l’esperienza dell’agricoltore a trasformare una soluzione come la nostra in un’opportunità avendo la possibilità di ridurre il consumo di un bene prezioso come l’acqua e di razionalizzare l’uso dei fertilizzanti e dei pesticidi. Combattere l’inquinamento e il cambiamento climatico: questo è il nostro contributo.
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Leggi tutte le interviste ai finalisti dell’edizione 2021 della Start Cup a questo link.