AMARAD – Interviste ai finalisti

Dispositivi radar ad onde millimetriche compatti al fine di monitorare vibrazioni o piccoli movimenti. Giorgio Guerzoni, uno dei tre promotori, ci illustra il progetto.

Di che cosa vi occupate?

Il nostro ambito è quello relativo all’utilizzo di radar a onde millimetriche dotati di più antenne, strumenti che vengono già utilizzati in diversi settori come quello dell’automotive e dell’healthcare. In particolare, noi ci siamo concentrati sullo sviluppo di algoritmi innovativi per trovare bersagli nello spazio attorno a sistemi a guida autonoma o misurare i parametri vitali delle persone senza contatto.

Da chi è composto il team?

Il team è composto da tre persone. Ci sono io, Giorgio Guerzoni, dottorando in ICT all’università di Modena e Reggio Emilia e i miei due colleghi, Alessandro Davoli e Pasquale Di Viesti, entrambi assegnisti di ricerca nello stesso dipartimento.

Come è nata l’idea?

Un pomeriggio dopo lo studio sono uscito a fare due passi. Camminando su un ponte trafficato, l’ho sentito tremare sotto di me e mi sono detto: «Chissà se posso misurare questa vibrazione». A quel punto mi è subito venuto in mente il radar che avevamo nel nostro laboratorio all’università e ho pensato che potesse trovare applicazione in una situazione come questa.

A che punto siete?

Abbiamo già testato la nostra scheda su modelli di strutture e a giorni usciremo dal laboratorio per fare misure su un ponte vero usando radar commerciali. Il prossimo passo sarà implementare i nostri algoritmi attualmente su PC su una scheda dotata di IOT per trasmettere i dati in tempo reale.

Quali sono i punti di forza di AMARAD e quali, invece, i punti di debolezza?

Il maggiore punto di forza del nostro progetto sta proprio nell’applicazione: i dispositivi radar commerciali disponibili in ambito automotive non sono mai stati impiegati realmente per il monitoraggio di infrastrutture. Il loro utilizzo riduce molto i costi e garantisce estrema flessibilità.

D’altro canto conosciamo bene i nostri punti deboli che sono sostanzialmente due. In primis un team poco eterogeneo: dovremo pensare a come coprire le competenze che non abbiamo e che sono necessarie. In secondo luogo, una minore competenza nello sviluppo hardware delle schede che sarà da colmare con l’inserimento in organico di altre figure tecniche.

Un bilancio del percorso della Start Cup?

Per noi è stata un’esperienza sicuramente positiva. Ci ha consentito di allargare le nostre conoscenze, soprattutto quelle legate al modo di fare impresa. Ci ha permesso quindi di capire come passare da un prodotto del mondo della ricerca ad un prodotto invece che deve stare sul mercato, commerciale e vendibile.

Cosa vedete nel vostro futuro?

Nel corso di tre o quattro anni, come ingegneri, abbiamo avuto la fortuna di vedere crescere sempre di più l’impiego dei radar nelle moderne applicazioni in ambito civile. Nel futuro prossimo speriamo di avere la possibilità di contribuire attivamente anche noi a questa crescita, continuando a credere nella nostra idea e diffondendo anche in Italia una tecnologia molto utile a realizzare moderni sistemi digitalizzati e intelligenti per monitorare lo stato di salute di infrastrutture o di persone.

Leggi tutte le interviste ai finalisti dell’edizione 2022 della Start Cup a questo link.