Interviste ai finalisti 2024: Cinematocco
Distribuzione cinematografica basata su marketing virale ed esperienziale volta ad accendere i riflettori su autori esordienti e ad attrarre un pubblico giovane. Ne parliamo con Marta Braga
Di che cosa vi occupate?
Con il nostro progetto vogliamo portare il cinema alle persone, ai giovani soprattutto, nei modi insieme più banali e più impensati. Di fatto ci occupiamo di distribuzione cinematografica, quell’anello della filiera audiovisiva che gestisce la compravendita dei diritti delle opere e che le commercializza attraverso specifiche campagne. Tali campagne, per essere efficaci, dovrebbero essere ben targettizzate ed è qui che noi ci proponiamo di rispondere a un’esigenza irrisolta del mercato. Il distributore «rifornisce» di opere le sale cinema, così come le piattaforme di streaming, i broadcaster televisivi e non solo, ma allo stesso tempo ha lo spettatore come cliente di riferimento e ad esso dovrebbe pensare quando pianifica un’uscita e ne progetta la relativa strategia di lancio. Noi puntiamo su viral marketing, su esperienzialità e sull’interazione con gli utenti, online e dal vivo, per creare un seguito sovversivo nei confronti di un cinema a tematica giovanile proposto da autori esordienti.
Come pensate di farlo?
Organizziamo eventi immersivi a tema film, offrendo ai partecipanti esperienze e attività interattive che richiamino quel mondo narrativo, apriamo pop-up e temporary store con merchandising mirato, lanciamo campagne digitali o di gadgeting in collaborazione con brand i cui valori ben si sposino con le tematiche dei nostri progetti, apriamo canali social, persino Tinder, per i personaggi dei nostri titoli e coinvolgiamo la community in un dibattito aperto 24/7 sull’opera, di cui essi siano principali autori.
Come vai avete scelto questo nome?
Cinematocco in effetti è un nome che incuriosisce molti. Questo ci fa pensare di aver fatto la scelta giusta! Ma dietro la strategia di una parola d’impatto ci sono alcuni sentimentalismi. Innanzitutto, Cinematocco ha un legame stretto con un gruppo di teatro di ricerca sudamericano, costola del regista Enrique Vargas, fondatore del Teatro de los Sentidos, di cui uno dei nostri soci, Lorenzo, ha fatto parte.
Il lavoro della compagnia si basa su sensorialità e interattività dello spettatore, due aspetti cruciali nella nostra idea. E poi, considerato che uno dei nostri primi progetti aveva lo scopo di rendere la qualità del cinema semplice e accessibile, a portata di click, ci piaceva l’idea di uno slogan come «you just need a tocco!».
Da chi è composto il team?
Siamo nati a inizio 2023 con la vincita del Bando Youz Officina della Regione Emilia-Romagna a sostegno dell’imprenditoria giovanile nel campo dell’innovazione culturale, e ci siamo costituiti come associazione di promozione sociale composta di una dozzina di membri, prevalentemente under30, provenienti dalle più svariate professionalità dell’industria cinematografica italiana di maggior rilievo.
Il direttivo, oggi costituito da Lorenzo Nicolino, da Rocco Albiero e da me, rappresenta anche il team al momento impegnato nel percorso di incubazione per l’idea di startup, con alcuni collaboratori saltuari. Lorenzo, con una laurea in Produzione Cinetelevisiva alla Civica Scuola di Cinema Visconti di Milano, si è specializzato nel rapporto tra cinema e intelligenza artificiale, che prevediamo di approfondire nel medio termine, oltre ad aver vinto alcuni riconoscimenti come regista e ad aver preso parte a set prestigiosi. Rocco, con una formazione letteraria, sta affrontando un percorso di studi in sceneggiatura presso Bottega Finzioni a Bologna e ha avuto esperienza di sales con le sale cinematografiche. E poi ci sono io. Ho conseguito una laurea magistrale in Gestione delle Imprese Audiovisive alla Cattolica di Milano e ho operato nell’ambito di branded entertainment, distribuzione indipendente e coordinamento di produzione, portando avanti in parallelo un percorso di ricerca accademica e supporto alla docenza in Iulm.
Come è avvenuto il vostro incontro?
Lorenzo ed io ci siamo conosciuti nel 2021 sul set del film di Gianni Amelio Il Signore delle Formiche, presentato l’anno successivo alla Mostra del Cinema di Venezia. Parlando, abbiamo scoperto di condividere alcune perplessità in merito all’approccio imprenditoriale di produttori e di distributori cinematografici italiani. Ma non solo. Ci siamo accorti di avere sogni simili e aspettative analoghe sulle potenzialità di un cinema che dovrebbe usare la comunicazione digitale e i fondi privati per svincolarsi da una situazione normativo-politica che non offre garanzie. Inoltre pensiamo che il cinema debba tornare a essere un’ esperienza fisica e sensoriale a 360° e che debba avere uno sguardo rivolto prioritariamente a un’audience giovane.
Come è nata l’idea?
L’idea che sta alla base di Cinematocco è davvero un mash-up di quello che pensiamo ma che abbiamo vissuto lavorando nel settore, conoscendone luci e ombre. Se il 50% del nostro progetto ha preso le mosse dalle lunghe riflessioni sulle luci e sulle ombre di un mercato come quello audiovisivo, l’altro 50% è fatto di colpi di testa e da una sana dose di follia. Il nostro modello aspirazionale è A24, una società di distribuzione statunitense nata nel 2012, oggi celebre in tutto il mondo proprio per essere riuscita a fare del proprio lavoro, spesso sconosciuto ai più, un brand rinomato per la sua comunicazione sorprendente e ingaggiante! Il nostro sogno nel cassetto è diventare la loro versione italiana.
A che punto siete?
Ad oggi Cinematocco è un progetto che, già costituito in forma di associazione, ha all’attivo numerose progettualità ed è immerso nella sua industria di riferimento, grazie a solidi legami con rilevanti player dell’audiovisivo e non. Riteniamo di essere a buon punto, considerato che nel 2023 abbiamo realizzato con risultati soddisfacenti una sorta di beta per testare parte del nostro modello di business. Abbiamo distribuito in collaborazione con TikTok un cortometraggio che ha superato i 2 milioni di views, abbiamo organizzato gli eventi live con un buon successo di pubblico e abbiamo raccolto oltre 80mila euro, stringendo accordi con più di 25 aziende.
Come opera la vostra startup?
L’anno tipo di Cinematocco come startup sarà composto di tre principali attività: scouting, funneling e co-labeling.
Un elemento che ci contraddistingue dai competitor è proprio la centralità della ricerca e della fase selettiva. Partecipiamo alle fiere di settore concomitanti ai festival nazionali e internazionali per l’acquisizione di titoli da inserire in una nostra linea editoriale. Al momento ci stiamo proprio affacciando a questa fase, mettendo le basi per una trattativa di acquisizione diritti con alcuni produttori della nostra rete. La precedenza va ad autori giovani, a film che abbiano elementi estetici di genere provenienti da produzioni indie senza un distributore, a prodotti il cui target di riferimento deve essere molto fresco e under 30.
Infine ci interessano alcuni selling elements narrativi che ci permettano di impostare campagne online e offline dirompenti, per poter passare alla fase 2, quella del funneling. Un film deve essere sfruttato in modo tale da costruire intorno ad esso un universo esperibile a 360°, a cui lo spettatore si affezioni come a un brand, divenendo cliente fidelizzato non solo del contenuto ma di tutte le sue declinazioni, tipo libri, dischi, eventi, merch, concorsi e tanto altro. Infine, ci occupiamo del co-labeling, una pratica poco sfruttata dai distributori cinematografici nazionali.
Il cinema incontra il mondo del branding solo in occasione di costosissimi e troppo espliciti product placement. La nostra idea permette invece alle aziende di accaparrarsi un pezzetto dei diritti delle opere, e conseguentemente l’attenzione del loro pubblico, per un determinato periodo di tempo, a cifre molto più abbordabili e con la possibilità di scegliere tra prodotti già finiti. Questa modalità consente di sfruttare l’immagine per tutta una serie di attività che possono andare dal packaging personalizzato per una nuova linea di prodotto, all’organizzazione di attività aziendali a tema, fino al lancio di campagne digital, concorsi e via dicendo.
Anche questa fase è ben avviata, abbiamo già un rapporto di collaborazione e stima con alcune grandi aziende del parmense ma non solo. Proprio in questi mesi dovremmo chiudere un accordo di cessione dei diritti di una nostra opera per la campagna di lancio di un e-commerce estero.
Quali sono i vostri punti di forza e i vostri punti di debolezza?
Stiamo provando a creare qualcosa di nuovo all’interno di un’industria che conosciamo come le nostre tasche e in cui, prima di questa avventura, abbiamo lavorato in modo variegato per cinque o sei anni ciascuno. Abbiamo acquisito competenze fondamentali ma soprattutto ci siamo fatti conoscere creando un network preziosissimo che usiamo tutt’ora ogni giorno. Ci rendiamo conto che il contesto è molto competitivo per chi come noi prova a fare innovazione operando nelle industrie culturali e creative ma dalla nostra abbiamo collaborazioni all’attivo con i nostri ex colleghi del settore e dialoghi aperti con gran parte dei nostri futuri fornitori così come con alcuni degli ipotetici clienti.
La sfida più grande, che è insieme sintomo di unicità ma anche un ostacolo importante, è voler costruire un’azienda cinematografica autosufficiente in un sistema nazionale che dipende invece dai fondi pubblici. Per questo siamo alla ricerca di una figura professionale competente in ambito finanziario che scommetta insieme a noi sul progetto ma soprattutto puntiamo a trovare una realtà che voglia investire su Cinematocco.
Cosa vedete nel vostro futuro?
Da qui a cinque anni, la nostra speranza più grande è l’essere riusciti a fare di Cinematocco una comunità cinefila di massa, pensata non per le nicchie ma per le persone comuni che vogliono storie in cui immedesimarsi. La nostra aspirazione è fare di Cinematocco un brand riconoscibile che sia simbolo di qualità ma anche di popolarità, un’etichetta chiara nell’immaginario collettivo nazionale che ci renda riconoscibili come i genitori di «quei film là». Subito dopo, a ruota, il sogno è riuscire a prendere in gestione un cinema dismesso, all’interno di un contesto di riqualificazione urbana, affidandone parte della gestione ai giovanissimi e facendo di esso un crocevia culturale dove le proiezioni dei nostri titoli siano affiancate da tante altre attività artistiche innovative. Se proprio dobbiamo esagerare, vorremmo riuscire a porre un primo mattoncino per fare del cinema in Italia un’industria che si possa definire tale, economicamente sostenibile, che non sia vincolata a dinamiche politiche mutevoli e a dotazioni finanziarie incerte. Vogliamo creare un sistema che possa rappresentare una sicurezza per i suoi professionisti, ad oggi molto poco tutelati.
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