Mimore – Interviste ai finalisti

Tecnologie per lo smart clothing rivolte principalmente al settore dell’abbigliamento da lavoro. Ci raccontano il progetto i due co-founder Simone Mascaro e Ciro Guzzo.

Di che cosa vi occupate?

Siamo impegnati da diverso tempo nella creazione di diverse tecnologie, di un ecosistema e di una piattaforma per il mondo smart clothing rivolte principalmente alle aziende produttrici. Gli articoli di abbigliamento cosiddetti smart sono composti da una parte hardware e da una software che, grazie alla interazione tra loro, permettono all’indumento di compiere diverse funzioni e di soddisfare precise esigenze. In particolare, noi abbiamo deciso di orientarci sull’abbigliamento da lavoro. Gli smart clothes prodotti da Mimore saranno capaci di proteggere il lavoratore da potenziali situazioni di pericolo, tramite sensoristica oppure interagendo con l’ambiente circostante. Possono, ad esempio, rilevare un gas nocivo oppure, in caso di incidente, sono in grado di bloccare le macchine industriali in uno stabilimento e di chiamare i soccorsi. Inoltre potranno essere anche un ausilio per migliorare le mansioni alle quali adempiere, riducendo la necessità di tenere in mano dispositivi, per citare un altro esempio.

Da chi è composto il team?

Attualmente siamo in due, Simone Mascaro e Ciro Guzzo, e siamo i due co-founder. Siamo entrambi tecnici informatici specializzati e studenti universitari dell’Università di Modena e Reggio Emilia: siamo iscritti rispettivamente a Ingegneria Meccatronica e a Infermieristica. Ci siamo infatti conosciuti sui banchi di scuola e abbiamo intrapreso insieme questo cammino, data la nostra passione per le tecnologie innovative utili alle persone. Durante il percorso il team di Mimore è cambiato diverse volte ma nonostante questo abbiamo perseverato e deciso di continuare perché crediamo fermamente nell’idea del progetto. Lo spirito del progetto è nel nome Mimore che significa «io di più»: siamo infatti convinti che le nostre tecnologie possano contribuire a rendere la persona più consapevole di sé e del mondo attorno.

Come è nata l’idea?

Il progetto nasce come tesina per l’esame di maturità. Anziché immaginare soluzioni per la solita casa domotica, come avevamo pensato all’inizio, abbiamo deciso di buttarci su qualcosa di più elaborato. Dopo i primi mesi di sviluppo, ci siamo resi conto delle potenzialità della nostra idea. Ci siamo incontrati tutti i pomeriggi dopo la scuola, ma davvero ogni giorno, nella cameretta di Ciro e abbiamo dato alla luce il primo prototipo. Si trattava di un’app per telefono corredata di servizi web e di una tuta smart capace di scaldarsi e di raccogliere dati biometrici. Dopo la maturità il team si è rinnovato e siamo passati a uno stadio successivo: sono migliorate sensibilmente le tecnologie e il prodotto si è evoluto molto, considerando che era nato come un semplice progetto di tesina.

A che punto siete?

Abbiamo fatto domanda di brevetto per modello d’utilità per il nostro ecosistema. Grazie al supporto della rete di senior di Stars&Cows, una startup che si occupa di consulenze per le imprese, il progetto Mimore è cresciuto molto. Abbiamo sviluppato tre diversi prototipi dell’ecosistema (attualmente TRL 4), un’app compatibile per dispositivi Android e iOS, quattro diversi prototipi della nostra tecnologia e-textile, sarebbe a dire il tessuto tecnologico alla base del funzionamento dell’ecosistema Mimore, e diversi moduli funzionali. Abbiamo già affrontato diversi bandi e competizioni e stiamo continuando a farlo per raccogliere risorse – sia economiche che umane per allargare il team – oltre che per brevettare altre tecnologie fondamentali. Inoltre abbiamo partecipato a fiere B2B come alla TechTextil Frankfurt 2019: questo è stato un modo per capire se c’era o no interesse per il nostro prodotto.

Quali sono i punti di forza di Mimore e quali, invece, i punti di debolezza?

La composizione del team è di sicuro uno dei nostri punti di forza. Basta vedere dove siamo arrivati finora per capire la nostra determinazione. Siamo anche disposti a metterci in gioco anche quando sono richieste nuove competenze e siamo propensi al dialogo perché è dall’ascolto che ci creano delle occasioni di crescita. Siamo anche consapevoli delle nostre carenze. Sappiamo che mancano alcune figure importanti all’interno del team stesso: abbiamo bisogno di bilanciare il carico di lavoro e le responsabilità, oltre che a sopperire alle mancanze di esperienza dei due co-founder. Su questo fronte, siamo però già al lavoro per risolvere il problema. Per quanto riguarda il prodotto di Mimore, l’ecosistema risolve i principali problemi dello smart clothing – come ad esempio la scarsa lavabilità, il costo elevato e la scarsa molteplicità d’uso – tramite principi di modularità, scalabilità ed interoperabilità, che garantiscono solide basi. Siamo molto soddisfatti di ciò che abbiamo ideato perché vediamo la reale applicazione del progetto.

Vi siete trovati a progettare una startup in tempi di pandemia: come ha inciso questo nel vostro lavoro?

Fortunatamente siamo sempre stati abituati a lavorare anche a distanza, quindi avevamo già gli strumenti adeguati per lavorare in queste condizioni. La pandemia ci ha di sicuro rallentato il percorso ma, nonostante tutto, siamo comunque riusciti a completare diversi prototipi.

Un bilancio del percorso della Start Cup

Ci siamo iscritti alla StartCup proprio per avere la possibilità di seguire una formazione soprattutto per quanto riguarda gli aspetti legati al business. Ci siamo sempre molto concentrati sul lato tecnico e, una volta finita la prototipazione, ci siamo imbattuti nel mondo aziendale, capendo che non eravamo abbastanza preparati sul piano imprenditoriale. Non possiamo che essere felici di come sia andata finora, visto che siamo tra i dieci finalisti. Ora non vediamo l’ora di concludere il percorso. Speriamo di arrivare tra le prime posizioni: non ci dispiacerebbe arrivare al PNI.

Cosa vedete nel vostro futuro?

Vogliamo diventare un punto di riferimento per il settore dell’abbigliamento smart da lavoro. Qui c’è molto da fare perché grazie alle nostre tecnologie possiamo ottenere buoni risultati nel campo della sicurezza per ridurre le morti e gli infortuni sul lavoro. Una volta consolidato questo mercato, potremo espanderci su altri ambiti, come ad esempio il medicale e lo sportivo e tutti gli altri in cui si possano adattare le nostre soluzioni. Il nostro obiettivo è quello di adattare l’ecosistema di Mimore ad ogni tipo di indumento. Se ci pensiamo, da sempre la tecnologia accompagna l’uomo per proteggerlo e per permettergli di fare cose mai fatte prima. Possiamo fare l’esempio dell’astronauta con la sua tuta spaziale, del pompiere con la sua divisa ignifuga o i subacquei con le mute. Lo smart clothing sembra qualcosa che riguarda il futuro ma è una realtà più vicina di quello che si possa pensare.

Leggi tutte le interviste ai finalisti dell’edizione 2021 della Start Cup a questo link.